di Francesca Garofalo
Un altro obiettivo per l’atleta di paraciclismo, nominato dal Presidente Mattarella 2016 “Alfiere della Repubblica “
Sfrecciare veloce, con il vento sul viso e trasferire tutta la volontà e la propria forza dalle braccia alle manovelle di un mezzo tanto semplice per struttura, quanto affascinante per parvenza futuristica: la handbike. A fare del parente della bicicletta il mezzo preferito per raggiungere gli infiniti obiettivi di vita nonostante la disabilità: Samuel Marchese, 20 anni nato a Roma. Uno spirito libero, caparbio e dalla personalità vulcanica che utilizza la carrozzina per spostarsi, questo però non gli ha mai impedito di mettersi in gioco e compiere imprese straordinarie. L’amore per lo sport raggiunge l’apice quando, a 14 anni, riceve la sua prima handbike, (grazie alla onlus Make a Wish ed all’aiuto dell’associazione Astrea), con la quale si avvicina al mondo del paraciclismo partecipando a tutte le maratone locali in Sicilia. Nel 2015 si trasferisce a Lucca dove consegue il diploma in Informatica e Telecomunicazioni mentre si allena e lavora come Consultant Customer engagement (consulente e sviluppatore) presso Techedge, multinazionale con sede a Milano. Nello stesso anno parte con la sua handbike e insieme ad altri compagni dalla città aretusea per l’Expo di Milano, con un percorso durato diciotto giorni per percorrere circa 850 chilometri e quindici tappe lungo l’Italia. Per l’obiettivo raggiunto ed il messaggio portato a Milano “La disabilità è solo negli occhi di chi la guarda”, nel dicembre 2016 riceve dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’attestato d’onore che attribuisce il titolo di Alfiere della Repubblica (riservato ai minorenni che si sono distinti eccellendo nello studio, in attività culturali, scientifiche, artistiche, sportive e nel volontariato o che hanno avuto comportamenti ispirati all’altruismo, alla solidarietà e al coraggio nell’affrontare difficoltà personali o ambientali). Un percorso sempre in salita, al motto di “I can make it” (Posso farlo), costellato di gare: lo scorso anno partecipa a livello agonistico al Giro d’Italia in handbike, dove per più tappe ottiene il podio come primo di categoria; ai Campionati assoluti italiani ottiene due bronzi sia nella cronometro sia nella gara in linea; al Campionato italiano a squadre, dove più volte riesce ad ottenere il podio; completa la stagione con il titolo di campione nazionale Asd Anmil Sport Italia e viene premiato dal Coni per l’impegno ed i risultati sportivi. Quest’anno mira a diventare campione europeo under 23 al campionato Europeo Ehc. Ad oggi, è primo in classifica tra gli under 23 ed al secondo posto di categoria nella classifica generale.
Parlami della tua infanzia
“Ricordo tanti viaggi in aereo, treno e auto, come quello verso Koszalin in Polonia, dove per circa un anno ho svolto un programma di fisioterapia particolare e nel frattempo ho frequentato giornalmente l’ultima parte della quinta elementare e la prima metà del primo anno delle medie in videoconferenza dalla Polonia all’Italia. Ricordo la fatica delle 4 ore al giorno della terapia, lì ho iniziato a camminare con le stampelle. Tutto è svanito dopo essere tornato in Italia ed essere caduto a scuola a causa di un sanitario rotto. Ho altri ricordi sicuramente più piacevoli: le feste ai compleanni dei compagni di scuola e le corse con in mio quad a la Marina e al lungomare di Melilli, dove approfittavo della sabbia sulla banchina per fare le derapate, in una di queste sono cappottato e mia madre è quasi morta di paura, io invece me la ridevo nonostante avessi tutto il braccio insanguinato. Indelebile è poi la vacanza a Dynamo Camp che mi ha dato la consapevolezza di poter fare tutto e capire che ciò che mi impediva di fare le cose non era la mia condizione, ma le barriere architettoniche e da lì ho cominciato a voler parlare del loro abbattimento. Ero e sono convinto, che solo credendo in quello che si fa veramente e scendendo in campo in prima persona, mettendoci la vera forza, quella di volontà e di caparbietà, che si possono realizzare i sogni, anche quelli che sembrano impossibili”.
Quando nasce la passione per lo sport?
“A 13 anni dopo la vacanza a Dynamo Camp. Volevo provare a fare tutto, così ho fatto basket in carrozzina; ho imparato a sciare sul monoscii da seduto; ho fatto tiro con l’arco; arrampicata. Poi, con la grande passione per la velocità ed il mio desiderio di correre in bici, Make a Wish ha deciso di realizzare il mio desiderio: avere una handbike per sfrecciare più veloce del vento. Così dal momento in cui mi hanno consegnato la bici, la mia passione per il paraciclismo è cresciuta tantissimo”.
Da quanto tempo pratichi questo sport?
“Da 4 anni, ma dallo scorso anno lo faccio agonisticamente. Mi alleno quasi tutti i giorni un paio di ore e per farlo, utilizzo anche un particolare rullo adatto all’handbike che mi permette di simulare percorsi con svariate difficoltà”.
La tua giornata tipo ?
“È abbastanza piena,. Vado a lavoro dalle 9 alle 18, al rientro vado subito ad allenarmi poi ceno e vado a letto. Sabato e domenica non lavoro, quindi oltre ad allenarmi ho anche il tempo di fare altre cose, tipo uscire con gli amici”.
Quanto è stato fondamentale il supporto della tua famiglia?
“È stato importantissimo. Senza il loro appoggio tutto sarebbe rimasto una chimera, mi hanno sempre incoraggiato sin da piccolo e mi hanno permesso ed aiutato a fare ciò che volevo, non hanno mai alzato attorno a me un muro di protezione privandomi del piacere di vivere così come volevo. Da loro, ho ricevuto solo sostegno e collaborazione. Non finirò mai di ringraziarli”.
Gli sportivi che ammiri e consideri esempi di vita?
“La bellissima e solare pluricampionessa in più discipline, Francesca Porcellato, definita “la rossa volante”, una persona speciale. La sua grandissima sensibilità l’ho avvertita quest’anno quando, dopo un periodo di lunga assenza dalle gare per motivi di salute, ha notato il mio rientro e mi ha mandato un messaggio in cui diceva di essere contenta che ero ritornato nelle gare, perché che avevo risolto i miei problemi di salute, e questo ha significato tantissimo. Poi c’è il grandissimo Vittorio Podestà, campione del mondo e medaglia d’oro olimpica di handbike. Quando ho fatto il mio viaggio in handbike verso l’expo di Milano, non ha esitato ad unirsi a me nella tappa della sua Chiavari e durante questi campionati è stato sempre disponibile a rispondere alle mie domande. Mi ha consigliato sulla bici da prendere e su tante altre cose”.
È stata faticosa l’esperienza dell’Expo di Milano?
“Ho raggiunto l’Expo per portare avanti il mio messaggio di esempio e incoraggiamento. A forza di braccia e soprattutto di volontà, sotto il sole di una estate caldissima, ho voluto dimostrare che tutti possiamo farcela e che le difficoltà non devono scoraggiarci. Prendendo spunto dallo slogan dell’Expo: “Il cibo è vita, la vita è gioia”, ho voluto far capire che la vita si deve vivere con gioia, nonostante le difficoltà. L’obiettivo era quello di spronare altri diversamente abili, affinché capissero e si mettessero in gioco. Altra cosa importantissima di questo viaggio, è stata la possibilità di poter incontrare e parlare con le amministrazioni delle città per sensibilizzarle sull’abbattimento delle barriere architettoniche. Proprio per questi importantissimi motivi, tutta la fatica di quel viaggio diventava gioia e soddisfazione, quando il mio messaggio veniva recepito”.
Il ricordo più bello di quella esperienza?
“Sono tanti i momenti indimenticabili e le soddisfazioni come: l’incontro con Papa Francesco; la tappa di Chiavari fatta insieme a Podestà; Roma tra le vie della città e la sua storia scortato dalla Polizia Municipale di Roma Capitale. Ma la tappa di Montecatone, mi ha donato un’emozione indimenticabile: sono andato all’ unità spinale a trovare dei ragazzi che avevano da poco avuto incidenti perdendo l’uso delle gambe. Uno di loro era un ciclista e quando ha capito che avrebbe potuto ancora correre in bici è voluto salire sulla mia handbike e non voleva più scendere. Nei suoi occhi si era riaccesa la speranza. Ecco, a loro ho portato proprio questo, un messaggio di speranza, perché non tutto finisce, si può tornare a vivere anche se in un modo differente. Queste sono emozioni che non dimenticherò mai e che per me hanno un valore immenso”.
Nel 2016 l'attestato di Alfiere della Repubblica. Cosa hai provato?
“È stato un grande onore, mi ha spronato di più . Ho un sogno a cui sto lavorando e quando riuscirò a realizzarlo (perché ci riuscirò), mi permetterà di ampliare ancor di più il numero di persone a cui far arrivare il mio messaggio”.
Perché hai deciso di trasferirti a Lucca?
“Mi è servito a darmi maggiori opportunità per esercitare l’attività sportiva in handbike, perché tutte le gare dei vari campionati si svolgono salendo oltre Roma. Certo la mia città un po’ mi manca, ma se devo essere sincero, sono cittadino del mondo. Ho viaggiato tanto e tanto ancora voglio viaggiare, quindi casa è dove posso realizzare i miei sogni e dove c’è la mia famiglia”.
[...]Vorrei anche io riuscire ad andare in giro per Siracusa (città invivibile poiché piena di barriere architettoniche). Hai dichiarato tempo fa. La pensi ancora così?
“Nel momento in cui ho fatto quella dichiarazione, era impossibile essere indipendenti in carrozzina, ma ad oggi, so che sono state realizzate tantissime cose e che molte barriere sono state abbattute. Verrò un giorno a Siracusa a vedere se adesso la città si presta ad essere vissuta anche in carrozzina”.
Vuoi dare un messaggio o suggerimento al sindaco di Siracusa per poter aiutare a migliorare la città ed incentivare altri ragazzi con disabilità ad avvicinarsi allo sport?
“Un mio suggerimento, è quello di rendere accessibili le strutture ed invogliare questi ragazzi facendo delle dimostrazioni di sport nelle scuole, come basket in carrozzina. Far vedere e provare gli ausili che servono per praticare questi sport. Bisognerebbe contagiare la voglia di fare sport, facendo capire che loro possono farlo perché ne hanno le capacità e che le strutture ci sono e possono offrire queste opportunità”.
Definisci la tua vita
“Innanzitutto un gran casino. Un’avventura che si sa dove e quando inizia, ma che ogni giorno prende nuove forme e direzioni. Gli ostacoli che si presentano non mi spaventano e non possono fermare il mio cammino, al limite possono solo rallentarlo. Mi piace addormentarmi stanco, ma contento di quello che ho fatto, sognare come realizzare i miei sogni e svegliarmi con una nuova soluzione per il loro raggiungimento. Vivo alla giornata, senza preoccuparmi se domani sarà un brutto giorno, perché voglio godermi la vita nonostante tutto. Credo fermamente che la vita, essendo una, bisogna godersela appieno ogni giorno”.
Cosa significa per te la parola “disabilità”?
“È un sostantivo che erroneamente viene legato alla persona che si definisce disabile, perché essa non è legata alla persona che ha una difficoltà, un problema. Non è la persona che non è capace a fare determinate cose, ma è il modo in cui il mondo intorno a noi è organizzato che crea disabilità. Se tutto fosse a misura di tutti, anche coloro che hanno una difficoltà sarebbero abili a fare le cose. La disabilità, quindi è creata dalle barriere architettoniche e mentali, perché oltre alle barriere fisiche esistono anche i preconcetti come: “lui non può farlo”. Quindi, chi ha una difficoltà non viene tenuto in conto e non gli viene neppure data la possibilità di provarci”.
Il tuo sogno?
“È quello di organizzare un altro viaggio, sempre con la mia handbike, ma questa volta voglio arrivare più lontano. Voglio partire da Mosca e attraversare tutte le capitali Europee fino ad arrivare al Parlamento Europeo di Strasburgo. Non mi fermo solo a sognare, ma mi impegno affinché possa accadere e sono certo che presto anche questo sogno diventerà realtà”.
[Foto: Fotogliso]